mercoledì 6 febbraio 2008

Mario Trimeri - Antartide


ESTREMO SUD, NEL MARE DI ROSS

In Antartide lungo le rotte di Ross e Shackleton

Lasciamo Hobart, capoluogo della Tasmania, nel pieno dell’estate australe e la nostra rompighiaccio russa ha come rotta l’estremo sud del mondo; il Mare di Ross in Antartide. La navigazione dura una settimana e spesso le acque dell’Oceano sono scosse da onde alte ed impetuose. Si incontrano Macquarie Island, santuario della natura con i suoi tre milioni di pinguini reali, e poi le Balleny Islands attraversate dalla linea del Circolo Antartico e perse nel vento e nel ghiaccio che le circonda per buona parte dell’anno. Il primo punto a terra che tocchiamo arrivando nel Pianeta Bianco è Cape Adare, un promontorio abitato da 260.000 pinguini Adélie, che fu scoperto nel 1841 dal Capitano James Ross, e dove si trova ancora integra la capanna del norvegese Carsten Borchgrevink che trascorse per primo un inverno sul continente antartico. Sul fondo della grande insenatura di Cape Adare si vedono delle cime che sono parte della catena denominata Transantartic Mountains, e si snodano per migliaia di chilometri dal Polo Sud fino a Davies Bay: un susseguirsi di montagne e ghiacciai, con centinaia di vette ancora inviolate. Riversano sul mare e sul Southern Ocean una infinità di iceberg, piccoli e alcuni grandi come un’intera regione. Il piu’ esteso è il B15 che salirò con alcuni della spedizione;da sopra si ha la sensazione di trovarsi su un’isola stabile e invece anche queste masse di ghiaccio si spostano lentamente durante i pochi mesi quando il mare non è gelato. Recentemente si è spezzato in 2 e si trova di fronte al Drygalski Ice Tongue, una lingua di ghiaccio lunga 30 miglia, vicina alla base italiana di Terra Nova Bay. Guardando verso sud c’è un monte, o meglio un vulcano che domina la scena e che è stato un punto di riferimento per qualsiasi spedizione verso l’Antartide: l’Erebus, un maestoso cono fumante, uno dei pochi ancora in attività nel continente di ghiaccio, che si erge su Ross Island come una sentinella dei silenzi infiniti. Il primo a salirne la cima (3.795 metri) fu Sir Ernest Shackleton nel 1908 con alcuni membri della spedizione Nimrod che ai suoi piedi, a Cape Royds, costruirono il rifugio per la loro permanenza dal 1907 al 1909. La costruzione ancora oggi è intatta e conservata come quando la spedizione la lasciò; muoversi al suo interno è entrare nella storia stessa delle esplorazioni polari. Ci sono le cose che Shackleton e i suoi compagni hanno usato per cucinare, vestirsi, trascorrere il lungo periodo di permanenza con le casse dei viveri e i ripostigli degli attrezzi, le cucce dei cani e il grasso di foca ancora immagazzinato. Andiamo poi a Cape Evans nel luogo scelto da Scott per costruirne il suo rifugio nel 1911. E’ a pochi metri dal mare e intorno è abitato da leoni marini che sonnecchiano sopra il ghiaccio e osservano con stupore la nostra presenza. All’esterno della capanna, denominata Discovery Hut, vi sono un paio di depositi di viveri con scatolame di ogni forma e dimensione. Il freddo ha conservato gelosamente ogni cosa e all’entrata del rifugio gli sci sono ancora appesi, la stufa porta una pentola, le confezioni di cibo ben riposte sui ripiani e il tavolone dove la spedizione discuteva e consumava i pasti è di fronte a me con il volto dolce e serio di Robert Falcon Scott che vige sui suoi uomini.
Imprese epiche quelle di allora dove si partiva verso i mari del sud con destinazione l’incognito, dove far ritorno era una speranza ma straordinari ideali muovevano quegli uomini. L’illusione è quella che esserne nel loro luogo di vita e di poter toccare con gli occhi le loro cose vissute sia un modo per comprenderne la loro grande avventura.
















Nessun commento: